di Biagino Costanzo
Parlando di internet, raramente si riflette sul significato intrinseco di “rete”, ovvero un complesso di linee che si intersecano tra loro.
Tutto questo succede in fondo al mare, una vera e propria rete fisica globale di cavi interconnessi, i quali, una volta erano di rame ed oggi, sempre più spesso, di fibra ottica, ovvero filamenti vetrosi e polimerici.
I nostri oceani sono letteralmente attraversati da cavi che consentono di collegare i Continenti del mondo. L’umanità intera comunica perché i dati dei nostri pc, tablet e smartphone, attraversano queste autostrade invisibili che vanno dalle dorsali montuose, al fondo degli oceani.
Quando parliamo della cablatura del mondo parliamo di un business milionario, che vede sempre più aumentare il numero dei player, da quelli tradizionali, vale a dire le ex società statali che un tempo possedevano le reti telefoniche, agli operatori di Tlc privati che dal boom della telefonia mobile degli anni ‘90 in poi hanno cercato di intercettare la domanda crescente di connessioni sempre più veloci, sicure e stabili.
Ma voglio porre una riflessione precisa sull’argomento: ovvero la sicurezza di tutte queste reti.
Uno degli aspetti di maggiore rischio è l’innalzamento dei mari che, unito al riscaldamento globale, porterà, inevitabilmente, al deterioramento della cablatura sottomarina. Stando alle proiezioni sull’innalzamento degli oceani stilate dalla NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration e di uno studio del 2018 dell’Università americana dell’Oregon, migliaia di chilometri di fibra ottica, posata sul fondale possano venire sommersi dal mare. La preoccupazione maggiore è proprio la tempistica di gestione del rischio: infatti nella ricerca del team del Prof Barford, si afferma che “i primi problemi alle infrastrutture possono sorgere già tra 10,15 anni”.
Il Professore mette sotto accusa chi ha progettato tutte queste infrastrutture fino ad oggi, reo di non aver minimamente tenuto in considerazione la variabile climatica come fattore incisivo.
Entro 10 anni, più di 4500 miglia di cavi saranno sott’acqua, insieme con circa 1250 hub che non saranno così più utilizzabili, rischiando di mandare in tilt l’intero traffico sul web. In particolare ad essere colpite per prime saranno le città americane di New York, Miami e Seattle, ma il pericolo si espanderà presto anche ad altre aree del pianeta.
In Europa, vicino Bordeaux c’è la splendida spiaggia di Le Porge, sull’Atlantico, tra due anni, se i tempi saranno rispettati, Le Porge sarà anche il punto di arrivo europeo di «Amitié», il più potente cavo transatlantico mai progettato, che garantirà lungo 6.600 chilometri il traffico Internet tra il Nord America e l’Europa. Il traffico transatlantico di dati raddoppia in media ogni due anni, con un picco imprevisto nella primavera scorsa, durante il primo lockdown la scorsa primavera. Le infrastrutture per le comunicazioni digitali hanno una crescente importanza geopolitica ed economica al pari di oleodotti e gasdotti per quanto concerne gli idrocarburi.
Sappiamo, quasi tutto, sul conflitto per il controllo e la gestione di Internet in superficie, tra i tentativi europei a contenere il cd GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon) e quelli cinesi di circoscrivere una propria rete nazionale, una identica battaglia per il dominio delle comunicazioni si gioca, molto “discretamente”, anche sotto il mare. La Francia, tramite Orange (che è l’ex impresa statale France Télécom) si sta muovendo da protagonista,
L’alleanza di Orange con Facebook e Google si è rafforzata e proprio in questo periodo sta per diventare operativo il cavo sottomarino che collega Virginia Beach negli Stati Uniti con Saint-Hilaire-de-Riez, poco lontano da Nantes, con una capacità di 300 Tbps, dal Nome “Dunant” per omaggiare Henry Dunant fondatore della Croce Rossa.
Ma il vero capolavoro i francesi lo stanno per fare realizzando “Amitié”, il cavo transatlantico più potente mai esisito, con una velocità progettata di 368 Tbps.
Per la realizzazione è stato costituito un consorzio tra Orange, appunto, Facebook, Microsoft, l’irlandese Aqua Comms e Vodafone.
Il cavo partirà dal Massachusetts, dall’antica Lynn e dopo circa 5200 chilometri sul fondale marino, a causa della sopravvenuta Brexit, dovrà dividersi: una parte punterà verso Nord, dove percorrerà altri 600 chilometri e arriverà a Bude, nel Sud dell’Inghilterra, e l’altra svolterà a Sud percorrendo altri 800 chilometri e arriverà, come sopraricordato, a Le Porge.
Insomma la Francia con i due nuovi cavi, Dunant e Amitié, ha rafforzato una posizione già dominante nel vecchio continente, ma al contempo anche i GAFA estendono il loro dominio, alleandosi anche con gli operatori europei, e che li porteranno a controllare quasi il 90% dei collegamenti transatlantici, che fino a una decina di anni fa questi erano gestiti al 50% dall’Europa.
E l’Italia?
Il Nostro Paese cerca di restare nei giochi che coinvolgono tutte le aree del mondo.
Si rincorrono voci sulla possibile partecipazione di Telecom Italia assieme a Google e a Oman Telecommunication alla costruzione di un cavo lungo oltre 8000 chilometri, il “Blue Raman”, al fine di collegare l’Europa all’India, evitando la rotta egiziana (già presente ma non molto affidabile ed, inoltre, congestionata), e coinvolgendo attori che fino a poco tempo fa nemici, Israele e Arabia Saudita (d'altronde, pare sia stato affrontato anche questo tema nell’incontro a fine anno tra premier Netanyahu e il principe saudita Mohammed Bin Salman)
Ma su tutti impera la Cina: ricordiamo che tra i primi sette operatori al mondo, cinque sono cinesi: Hengtong, Futong, Fiber Home, Ztt, Yofc.
Quindi, mentre infuriano polemiche, minacce, veti, embarghi sulla ormai famosa questione del 5G,(Huawei, ZTE etc etc,.), la Cina stende miliardi di chilometri di fibra ottica, attestandosi sui 600 milioni di chilometri all’anno e intercettando oltre il 60% della domanda globale.
E tutto questo di cui parliamo, in particolare quando si affronta il problema delle varie “sicurezze nazionali”, rappresenta l’immenso sistema nervoso centrale delle telecomunicazioni globali: il 99% di tutto il traffico internazionale voce e dati di 7,8 miliardi di persone passa per cavi lunghi migliaia di chilometri stesi sotto i fondali degli oceani.
Ricordiamo che il proprietario di queste autostrade sottomarine è chi le posa, mentre la gestione è nelle mani di chi le accende e ne fornisce i flussi di informazioni, mi riferisco alle compagnie telefoniche ed elettriche.
La loro rilevanza deriva dal fatto che ricordano e conservano tutto ciò che su di essi transita, ed è dunque possibile mandare in tilt il sistema informatico di interi Paesi, bloccando così la fornitura di energia, compromettere la distribuzione idrica, il sistema dei trasporti pubblici, interrompere le trasmissioni di un satellite, le transazioni elettroniche, le comunicazioni via Internet, i sistemi di trasmissione delle informazioni sensibili di ministeri ed istituzioni.
Oramai solo “i nostalgici” posso credere che le prossime guerre siano come quelle che purtroppo l’umanità ha dovuto soffrire. No, questa volta il tutto sarà a causa della tecnologia, e non quindi più lieve ma anzi la devastazione sarebbe ancor più smisurata e globale.
Gli esperti di tutte le intelligence mondiali lo sanno, nella catastrofica ipotesi della materializzazione di una guerra mondiale questa sarebbe accesa da un innesco che porterebbe al controllo dei cavi sottomarini a fibra ottica e allo spesso tempo è questo il bersaglio perfetto per il moderno terrorismo internazionale.
Biagino Costanzo
Socio e già Deputy Member of the Board of Directors di AIPSA